lunedì 14 agosto 2017

Come affrontare il pericolo della solitudine

La solitudine, per quanto essa possa sembrare terribilmente vuota e senza alcun contorno se non la disperazione del proprio sé, è la forma più elevata per riuscire a conoscere realmente se stessi.
Non esiste modo migliore per conoscersi se non restando soli, o meglio, esiste ovviamente anche la socialità e il pericolo emergente che essa comporta in termini di disagi emotivi e sentimentali.
La verità sta sempre nel mezzo.
La solitudine, quando essa è cercata e non subita, è una grande risposta del proprio Io verso ogni male che viene a porsi in essere dentro lo stupefacente normalissimo lascito della vita.
Nessuno vorrebbe essere solo, in fondo siamo esseri sociali che abbiamo bisogno ognuno di creare i nostri spazi.
Come sconfiggere la solitudine?
Attraverso una grande analisi delle proprie potenzialità, attraverso l'ascolto e l'amore verso se stessi e gli altri.
Queste tre fondamenta hanno come rapporto la consapevolezza che ogni nostra azione corrisponde ad una reazione dell'ambiente esterno, non siamo in realtà ovattati dentro una bolla prestabilita di qualche divinità malvagia che vuole lasciarci senza protezione, siamo noi la stessa protezione.
Un altro importante modo per superare la solitudine è essere umili, riconoscere i propri limiti, saperli riadattare in maniera quasi artistica al contesto, alla creazione di contenuto insito nella nostra grande mente e nel nostro grande cuore che ha bisogno continuamente di messaggi e di risposte emotive.
Combattere la solitudine vuol dire accettare la diversità, il problema più grande dopo l'ansia in questa società, e creare dei legami forti ma non indissolubili, sinceri ma non pedissequi.
La solitudine non ha tanto a che vedere con l'idea che stiamo soli in camera e, siccome siamo stanchi, ci ascoltiamo un pezzo dei Mogwai e ci proiettiamo verso un nuovo magico mondo tutto nostro, no, o almeno, in piccola parte.
La solitudine è pensare che la nostra unicità possa male conformarsi con le unicità degli altri fino a divenire una forma di negazione di sé e degli altri.
La solitudine in senso positivo, quella che a Faber premeva descrivere, è una solitudine del tutto diversa, figlia di un riconoscimento delle proprie forze e del proprio percorso spirituale e quotidiano.
Non bisogna arenarsi nelle indecisioni, ciò che conta veramente è il presente, pensare che comunque vada nulla è perduto. Ad ogni problema c'è una soluzione. Ad ogni soluzione c'è un nuovo problema, e così via.
La solitudine, lo stare soli, può servire in certi momenti per resettare la giungla esterna che è il mondo, altre volte è dannosa; sta a noi, con la nostra capacità di discernimento accendere una candela quando è buio, a spegnerla quando fuori c'è il sole.
Concludo con un aforisma molto bello:

Ha una sua solitudine lo spazio,
solitudine il mare
e solitudine la morte – eppure
tutte queste son folla
in confronto a quel punto più profondo,
segretezza polare,
che è un’anima al cospetto di se stessa:
infinità finita.
(Emily Dickinson)

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